San Marco Evangelista
Il duomo
La storia
Portobuffolè divenne parrocchia nel 1563.
Prima la Comunità cristiana era formata da due Curazie, che si trovavano fuori del castello: una in località Rivapiana, detta di San Prosdocimo, l’altra, più antica, di Santa Maria in Settimo, dipendente dalla vicina Pieve di San Cassiano e affidata ad un Rettore fin dal 1374.
Nel 1563 Monsignor Baldù riunì le due Curazie ed ottenne il titolo di parroco con bolla pontificia di Pio IV e con decreto del doge di Venezia.
Don Giuseppe Fantis, eletto dal Comune nel 1603, mutò il titolo di parroco in quello di arciprete, titolo riconosciuto più tardi sia dalla Curia di Roma che da quella di Ceneda. La chiesa godeva dello “Juspatronato”, il diritto cioè di nominare i propri parroci.
A questo periodo risale anche la seconda intitolazione a san Marco, patrono della Serenissima.
L’attuale Duomo fu consacrato dal Vescovo di Ceneda, Giovanni Francesco de Rubeis, il 22 ottobre 1559: si conserva tuttora nell’Archivio parrocchiale la bolla di consacrazione.
Una tradizione vorrebbe che la chiesa fosse stata ricavata nel XV secolo dalla sinagoga della comunità ebraica di Portobuffolé.
La notizia sembra tuttavia priva di fondamento poiché, a causa delle restrizioni cui erano sottoposti, gli ebrei non potevano permettersi un luogo di culto autonomo, ma erano costretti a celebrare i riti nelle stanze delle loro abitazioni.
Nei secoli furono portate varie trasformazioni, interne ed esterne, sempre mantenendo la pianta a navata unica. La facciata a due finestroni con rosone centrale, semplice e severa, venne restaurata nel 1868: tutte tre le aperture furono chiuse.
All’interno
L’ampia navata si presenta maestosa e piena di luce.
Un arcone la divide dal presbiterio.
Due navatelle laterali furono aggiunte a metà del secolo XX per ampliare il presbiterio.
Il soffitto è a più riquadri, datati al primo ‘900. Al centro sta il trionfo di San Marco, con Sant’Antonio e San Francesco nei due riquadri laterali; sotto è raffigurato San Prosdocimo ritenuto il primo evangelizzatore dell’agro opitergino – nell’atto di battezzare una fanciulla (probabilmente Santa Giustina, martire padovana); più avanti verso il presbiterio, la traslazione di San Tiziano, Vescovo di Oderzo, da Settimo a Ceneda.
Il coro fu costruito tra il 1600 e il 1700.
L’altar maggiore, elegante e maestoso, viene da Portogruaro (1760).
Un grande Crocifisso del ‘400 è posizionato in presbiterio, a lato dell’altar maggiore.
L’organo, posto sullo sfondo absidale, è opera della casa Callido di Venezia. Costò nel 1780 oltre 4030 lire oro venete. è dotato di 472 canne di zinco e stagno.
In alto, ben visibile, lo stemma della città a gigli bianchi su campo turchino.
Due sono gli altari laterali nella navata: uno dedicato a Sant’Antonio, del 1700, l’altro alla Madonna del rosario, benedetto nel 1762.
Il primo contiene, incorporata nella mensa, la reliquia di San Gervasio martire: fu donata alla chiesa dal nobile veneziano e podestà cittadino Alessandro Cellini nel 1661.
Il secondo riporta su tela la Vergine col Bambino, ai cui piedi stanno San Domenico e Santa Caterina da Siena.
Un bel Battistero in pietra monolitica, databile alla metà del sec. XVI, con una copertura lignea ottagonale del secolo successivo, si trova appena dopo l’ingresso, sulla sinistra.
Sopra il Battistero, una tavola di Francesco Da Milano, pittore attivo nella diocesi di Ceneda con ampia produzione di carattere sacro, databile al 1536 circa.
Vi è raffigurata la Vergine assunta in cielo, con gli apostoli attorno al suo sepolcro vuoto; in primo piano San Marco e San Prosdocimo.
Lo sfondo ritrae un paesaggio di monti rocciosi e un castello con torre, caro all’artista.
Due tele di artista contemporaneo ornano invece la parete destra: raffigurano il Crocifisso e la Natività.
In cima alla navata, prima dei gradini che salgono al presbiterio, si colloca la tomba di famiglia dell’arciprete Angelo Milani (1729).
Un’altra simile si può notare ai piedi dell’altare di sinistra, dedicato a Sant’Antonio, ed appartiene alla nobile famiglia Faces (1713).
Ben riuscita infine la statua della Madonna pellegrina col Bambino, collocata in testa alla navata sulla destra, in atto di invitare i fedeli alla preghiera del Rosario.
E’ opera di artista gardenese, commissionata verso la metà del secolo scorso.
Le opere
Altare Maggiore
L’altar maggiore, elegante e maestoso in stile barocco, viene da Portogruaro (1760).
Organo Callido
Posto sullo sfondo absidale, è opera della casa Callido di Venezia. Costò nel 1780 oltre 4030 lire oro venete, è dotato di 472 canne di zinco e stagno.
San Prosdocimo
Riquadro sul soffitto della Navata sopra l’entrata, raffigura San Prosdocimo ritenuto il primo evangelizzatore dell’agro opitergino – nell’atto di battezzare una fanciulla (probabilmente Santa Giustina, martire padovana) .
Adorazione del Santissimo Sacramento
Ovale nel soffitto sopra il presbiterio riporta due angeli in adorazione del Santissimo Sacramento.
Altare Sant’Antonio da Padova
Altare barocco attribuito a Giuseppe Bernardi detto il Torretti, dedicato a Sant’Antonio, del 1700, incorporata nella mensa, la reliquia di San Gervasio martire.